Anthony e dintorni
Corriere della Sera
A tutte le persone che incontrava per Parts Unknown, il programma gastronomico in onda dal 2013 sulla Cnn, faceva tre domande: «Cosa ti rende felice? Cosa mangi? Cosa ti piace cucinare?». L’Anthony Bourdain degli ultimi cinque anni era questo, un viaggiatore a caccia di storie e umanità nei luoghi meno conosciuti del mondo. Anche ieri mattina, quando l’amico chef Eric Ripert l’ha trovato morto, impiccato, in una stanza dell’hotel Chambard a Kaysersberg, paesino dell’Alsazia, era in trasferta per la trasmissione.
Così come nei giorni scorsi, tra Firenze e l’Asia: lo testimoniano sui social gli scatti pieni d’affetto insieme ad Asia Argento, sua compagna da un anno e mezzo: si erano conosciuti durante una puntata dello show. Quasi per un gioco del destino l’ultima, trasmessa dal network qualche giorno fa, su Hong Kong, era stata diretta da lei. Avevano anche festeggiato con un balletto e un drink. Sembrava finalmente sereno questo chef di 61 anni, passato al secolo come «bello e maledetto» per l’autobiografia Kitchen Confidential, uscita nel 2000, in cui raccontava gli eccessi della vita ai fornelli. Tredici ore di lavoro al giorno a pulire ostriche e lavare piatti a New York, la dipendenza da eroina, poi la disintossicazione e il ruolo di executive chef alla Brasserie Les Halles, cucinando bistecche, patate fritte e zuppa di cipolle.
La svolta e la fama mondiale arrivano con il libro: il Bourdain cuoco si trasforma nel creativo che buca lo schermo grazie al modo di fare mai ossequioso. No Reservations, il primo programma, è un successo. Parts Unknown lo consacra. Anche come personaggio impegnato: nel 2016 durante una puntata in Vietnam cena ad Hanoi insieme all’allora presidente Usa Barack Obama. Parlano di relazioni internazionali davanti a una birra e a del maiale grigliato. Per ricordarlo, Obama ha postato una foto di quella serata. Anche Trump ha fatto sapere di essere «molto triste» per la sua scomparsa, e così decine di chef, attori, personaggi.
Ultimamente Bourdain si era esposto sul caso delle molestie nel mondo del cinema, supportando la compagna e la sua denuncia contro il produttore Harvey Weinstein. Sembrava addirittura felice, lo aveva detto ai giornali: «Sto bene grazie a una donna così forte». Prima aveva chiuso un matrimonio durato nove anni con Ottavia Busia, professionista sarda di arti marziali e mamma di sua figlia Ariane, oggi undicenne. Per lei Bourdain aveva dichiarato di aver messo la testa a posto: «Devo provare a vivere, mi sento per la prima volta responsabile».
Ma alla fine non ce l’ha fatta, la morte da «pensiero fisso», come aveva raccontato al New Yorker, è diventata realtà. Asia Argento ha affidato ai social il suo dolore: «Anthony ha dato tutto se stesso in quello che ha fatto. È stato il mio amore, la mia roccia, il mio supporto. Sono più che devastata».
Alessandra Dal Monte
Bun Cha
Ai giornalisti Bourdain dava appuntamenti nei posti più lontani dalle stelle: una brasserie sull’Upper East, una panetteria a Columbus Circle. Ma alla sua tavola aveva invitato anche Barack Obama: trascinando, nel 2016, l’allora presidente degli Stati Uniti in visita in Vietnam in un ristorantino di Hanoi, specializzato in un solo piatto da due dollari, il Bun Cha, zuppa di maiale: «Ricordo sedie di plastica, il piacere della birra gelata e noodles deliziosi» ha twittato ieri Obama [Lombardi, Rep].
Suicidi
Chef che si sono ammazzati negli ultimi anni: Bernard Louiseau nel 2003, sparandosi un colpo di fucile in testa; Joseph Cerniglia nel 2013 buttandosi dal George Washington Bridge; Charlie Trotter, due stelle Michelin, a Chicago, ancora nel 2013, dopo aver lasciato il lavoro l’anno prima «per tornare a vivere»; Benoît Violier il 31 gennaio 2016, con un altro colpo di fucile. Era stato appena nominato miglior cuoco del mondo da La Liste, versione francese dei 50 best. Pochi mesi dopo, s’è tolto la vita Beniamino Nespor, di soli 34 anni, che con Eugenio Roncoroni conduceva il ristorante Al Mercato di Milano.
Pesce fresco
Il primo cuoco suicida di cui si ha memoria è François Vatel: nel 1671 attese per ore del pesce fresco che gli occorreva per una cena nel castello di Chantilly alla quale era invitato Luigi XIV. Resosi conto che le orate e le spigole non sarebbero arrivate in tempo, si conficcò un coltello da cucina nella pancia.
Disturbi
Kevin Dutton della University of Oxford ha stilato la classifica dei mestieri che tendono a creare disturbi di personalità. Gli chef sono al nono posto (al primo i manager, seguiti da avvocati e chirurghi).
Inferni
Il cuoco bistellato Phil Howard svelò al Guardian la sua storia di angoscia sedata dalla cocaina. Confessando: «Pensate che noi grandi cuochi abbiamo esistenze eccitanti? La verità è che sono degli inferni in terra».
Schiavo bianco
Marco-Pierre White è stato il più giovane chef ad aver ottenuto le tre stelle Michelin: all’epoca del riconoscimento, nel 1994, aveva 33 anni ed era il primo inglese a raggiungere la vetta della gastronomia. Racconterà poi, nella sua autobiografia White Slave, com’era, davvero, la sua vita: droga, sesso e maratone lavorative insostenibili. A 37 anni ha abbandonato.
Bullismo
Alcuni tra i migliori cuochi francesi nel 2014 si sono uniti per denunciare il bullismo nelle cucine. Tutto è cominciato dopo un episodio che aveva fatto scandalo: al Le Pré Catelan di Frédéric Anton, tre stelle Michelin, un assistente chef era stato licenziato per aver bruciato a più riprese la mano di un apprendista con un cucchiaio incandescente. Eric Guérin, oggi chef stellato: «Avevo 18 anni e facevo l’apprendista in un grande ristorante parigino. Mi dissero di cuocere dei funghi. E io nella pentola ci misi troppa acqua. Lo chef non sentì storie: mi appoggiò la mano a forza su una pentola bollente». Ha ancora il segno: «Imparai una volta per tutte come si cuociono i funghi». Christian Etchebest: «Da giovane ho preso calci nel sedere e ho pure ricevuto un carré d’agnello in testa». Adeline Grattard, dell’apprezzato ristorante Yam’Tcha: «Ricordo insulti e doppi sensi dal personale di sesso maschile. Tipo: fa caldo, metti un top traforato». Era costretta a trasportare oggetti più pesanti dei colleghi maschi: «Dovevano farmi sentire inferiore».
MasterChef
Le cattiverie a beneficio di telecamera dei giudici di MasterChef. Carlo Cracco: «Il piatto fa cagare»; «Ci vuole un atto di fede, il profumo è quello della saponetta». Bruno Barbieri: «Sono le friselle più inquietanti della mia vita». Joe Bastianich, dopo aver assaggiato un boccone: «Mi ha bloccato la gola come una pallina di catrame. Devo andare all’ospedale adesso, se no moro».
Joe Bastianich, proprietario di ristoranti a New York, a chi gli chiede come ha fatto a diventare milionario: «Contando ogni centesimo. Sono uno spilorcio nato». La sua tirchieria lo spinge a usare i tovagliolini di carta da cocktail «perché gratis». «Quando il mio staff mangia, glieli faccio usare. Li porto anche a casa costringendo la mia famiglia a usarli per cena. E se me ne avanzano, ci pulisco il parabrezza».
Donne
Lo chef Davide Oldani ha detto: «Non ci sono donne in cucina perché non ce la fanno, è un mestiere troppo duro per loro». Nella sua squadra, ha spiegato, su 13 solo una è donna, perché se provano in cucina poi ineluttabilmente mollano, stritolate dai meccanismi della brigata. Carlo Cracco ha giustificato l’esclusione delle donne dalla sua cucina perché «creano scompiglio». Bruno Barbieri ha dichiarato che le donne non hanno la “verve” degli uomini in cucina, hanno solo più senso estetico.
Lesbiche
Gabrielle Hamilton ha raccontato, nell’autobiografia Burro, ossa e sangue, che le donne-chef sono in genere single, senza figli oppure con marito che ha sposato la causa. Quarta possibilità: sono lesbiche come la stessa Hamilton o Dominique Crenn, due stelle Michelin con il suo Atelier Crenn, fondatrice a Jakarta di un ristorante per sole donne.
Padella
Test dello chef Gualtiero Marchesi (1930-2017) a chi voleva andare a lavorare da lui: «Gli metto in mano una padella vuota e gli ordino di accendere sotto il fuoco. C’è un rapporto preciso tra l’intensità della fiamma e lo spessore del tegame. La cucina è scienza. Per l’arte si vedrà».