domenica 30 marzo 2014
"Nel piatto vuoto del commissario, che aveva finito con gusto il suo filetto al pepe, coltello e forchetta erano posati bene: uno accanto all'altro e perpendicolari al bordo della tavola, ma senza quello scrupolo di esattezza assoluta che tradiva sempre un impaccio segreto. Anna Carla, raccogliendo di sfuggita anche questo particolare, si accorse di provare un senso, in parole povere, di sollievo. Perché anche l'uomo più bello, più santo, più coraggioso, più intelligente del mondo, una poteva magari andarci a letto, o tirar fuori 175 milioni per comprare un suo quadro, o farsi ammazzare sulle barricate gridando il suo nome; ma se non sapeva stare a tavola, se appoggiava le posate ai lati del piatto come i remi in una barca, per esempio, beh, c'era poco da fare, lei non sarebbe mai stata capace di vederlo sul serio come un suo simile. Erano questi i veri pregiudizi di classe. Distribuire il latifondo tra i braccianti affamati - pensò generosamente - regalare l'argenteria ai lebbrosi, gettare bottiglie molotov contro la Rolls Royce di un cugino biellese, era ben più facile che liberarsi di queste piccolezze formali, dure e insolubili come calcoli renali. E se i rivoluzionari non fossero stati sempre quei semplicioni che erano, ne avrebbero tenuto conto, nei loro processi sommari. "Non impugnava il cucchiaio come una vanga: ventisette anni in Siberia." "Non tagliava l'omelette col coltello: fucilato." "Non beveva il caffè col mignolo alzato: impiccato." Lei non avrebbe avuto niente da obiettare, a delle sentenze del genere."
La donna della domenica, Fruttero & Lucentini
«Forse gioveranno agli inglesi lo stoccafisso,il roast-beef e il budino, agli olandesi la carne cotta col formaggio, ai tedeschi il sauer-kraut, il lardone affumicato e il cotechino; ma agli italiani la pastasciutta non giova. Per esempio, contrasta collo spirito vivace e coll’anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani. Questi sono stati combattenti eroici, artisti ispirati, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci a dispetto della voluminosa pastasciutta quotidiana. Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo».
Dopo poesia pittura e sintassi, F. T. Marinetti si avventa contro la gastronomia, nella convinzione che «si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia» e consiglia di sostituire all’alimentazione tradizionale pasticche, surrogati sintetici, composti chimici: «il nutrimento adatto a una vita sempre più aerea e veloce». Ne viene fuori La cucina futurista, libro che di questi tempi sembrerebbe risolutivo, ristampato per l’ultima volta nel ’98 dopo l’iniziale uscita nel ’32, e ad oggi introvabile. Il manifesto introduttivo è leggibile qui. Brain Pickings ha appena recensito la sua traduzione in inglese.
(Fabrizio Maria Spinelli)
venerdì 28 marzo 2014
Bellissimo cameriere
“Bellissimo cameriere tu sei il re d’Italia tu che pazientisci e corri per le camomille”.
Amelia Rosselli, Prime Prose Italiane
domenica 23 marzo 2014
"Che cozza!"
"Ti apro in due come una cozza!" oppure "Che cozza!": chissà per quale ragione l'umile mitilo si declina, umanizzandolo, ad un infimo grado. Forse perchè costa poco, si trova sempre e bello non è? Ma sono belle le vongole, le ostriche, le patelle, i paguri? Fatto sta che i muscoli o i peoci, come vengono anche chiamati, sono i più saporiti tra i frutti di mare: Ogni tanto, in vena di roulette russa, davanti alle capienti grottaglie d'un cozzicaro pugliese me le faccio crude, spesso nella sua autoctona versione pelosa, rischiando indecenti contaminazioni. Gli spaghetti cozze e vongole, sono poi i più completi e affidabili: il brunito bivalve assicura forza e venature iodate alle sempre troppo gentili vongole allevate nell'Adriatico. Fra i costanti accorgimenti, ricordarsi di sfiammare sempre i gusci, bagnati nel soffritto aglio e olio, col vino bianco. Solo così, come scrive Nicola Lagioia-in un suo bel racconto dedicato a questo classico piatto-nell'alcool che svapora contro i "cocci", si arriverà al cuore dell'enigma: il primordiale eco calcareo".
Sapo Matteucci, da "La Repubblica", Sabato 22 Marzo 2014
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venerdì 21 marzo 2014
Vini e cibi sono come noi, uomini e donne, amici miei: quasi mai monogami (anche questa, una malattia da cui si può guarire), si va ben oltre e con piacere oltre il privilegio.
Resta il fatto che il vino va bevuto non solo in sé e per sé, onde averne gioia, anche per migliorare le capacità, il senso di libertà.
Luigi Veronelli
Elsa Morante non era donna che cucinasse. Però era donna che amava mangiare e i suoi erano gusti semplici. Più di tutti adorava il pesce, la carne poca, solo qualche pollo, " perchè il pollo è animale così stupido da desiderare di essere ammazzato" sosteneva. Tre erano le cose della vita che Elsa amava più di tutte, le "tre emme", Mozart, il mare e il gelato al mandarino. Il mare, anche se lei non sapeva nuotare, dirà sempre che dovrebbe chiamarsi “la mare” perché é femmina, così come invece il sole é maschio. “La mare” dunque che circonda le sue isole preferite, Capri, Ponza e soprattutto Procida dove trascorre l’estate del 1952 e dove comincia a scrivere L’Isola di Arturo. Quella di Procida diventerà un’abitudine, ci andrà spesso d’estate affittando case accanto alle quali crescono rigogliosi i limoni e mandarini sempre presenti nella sua vita. Oppure alloggerà in alberghi. Ugo Armonia, uno dei camerieri dell’hotel Eldorado, la ricorda scrivere e mangiare vicino alla vasca dei pesci, o al tramonto quando si siede in fondo al viale ad ammirare il paesaggio. Una bella donna, sempre gentile, che lo accoglie con il sorriso sulle labbra, qualsiasi cosa lui gli serva, che si tratti di zuppa di pesce o di polipetti affogati. Una donna di grande grazia. Mozart poi l'accompagnerà sempre tanto che chiederà che al suo funerale vengano eseguiti i tre geni del Flauto Magico. E i mandarini saranno sempre presenti, nelle sue terrazze, in dono all'amico Tonino Ricchezza che li pianterà nella sua casa a Napoli, città che la scrittrice ama moltissimo, e di nuovo alla sua morte quando Carlo Cecchi, il regista teatrale. amico fidato di una vita, rimpiazzerà le rose fornite dalle pompe funebri con piantine di mandarino, margherite e fiori selvatici. E sempre di limoni e mandarini saranno le tre corone inviate dalla casa editrice Einaudi.
Eccovi dunque le due ricette di Elsa:
GELATO AL MANDARINO
Ingredienti per 6 persone:
6 mandarini
300 cc. di acqua
180 gr. di zucchero
100 g di panna liquida
La buccia di mandarino finemente grattugiata
Un pizzico di sale.
Lava i mandarini in acqua calda e asciugali bene. Taglia il cappello del frutto dalla parte del picciolo, estrai con cura la polpa senza rompere le scorze e mettila da parte.
Stempera a parte lo zucchero quindi uniscilo all'acqua e porta ad ebollizione.
Nel frattempo passa la polpa dei mandarini in un setaccio e raccogli il succo. Togli dal fuoco lo sciroppo e unisci il succo di mandarino, la buccia finemente grattugiata e il pizzico di sale. Quindi lascia raffreddare. Lavora la panna con un piccolo quantitativo di zucchero per evitare la formazione di grumi, quindi uniscila al composto. Introduci tutto nel contenitore della gelatiera.
In circa 20-30 minuti sarà pronto un gelato squisito. Ora riempi le scorze dei mandarini con il gelato e servi.
POLIPETTI AFFOGATI
I purpetielli affogati sono un piatto tipico della cucina napoletana, una volta, per le strade dei rioni della città, giravano i venditori di brodo di polpo. Il segreto di questi deliziosi polipetti affogati, ce lo svela un antico detto napoletano : ‘o purpo se coce dint'all'acqua soja”, non bisogna aggiungere acqua dunque perché é lui stesso a cedere i suoi liquidi che lo insaporiscono durante la cottura
Sono molti gli scrittori affascinati da queste bestioline. Giuseppe Marotta, in un suo libro, chiama il polpo il chewingum dei poveri perché essendo un po’ coriaceo si mastica a lungo. Ai giorni nostri ci pensa Camilleri a far gustare a Salvo Montalbano, il commissario più famoso d’Italia i saporitissimi purpetielli affugati.
Ingredienti per 4 persone:
1 spicchio d’aglio
8 polipetti da 100 gr. l'uno
7 cucchiai d’olio
400 gr. di pomodori pelati
Abbondante prezzemolo tritato
Peperoncino, secondo i gusti
Sale e pepe
Per prima cosa ricorda che i veri polipetti veraci sono quelli con due file di ventose parallele sui tentacoli che hanno la sacca maculata di marrone con sfumature rosate e, soprattutto, che non devono pesare più di 100 grammi. Pulisci i polipetti rovesciando la sacca, svuotandola e levando gli occhi e il becco.
Lavali per bene e mettili in un tegame con i pomodori, l'olio, il sale e il pepe. Copri il tegame con un foglio di carta stagnola e mettici sopra il coperchio.
Cuoci a fuoco basso per circa 30 minuti senza mai togliere il coperchio ma scuotendo di tanto in tanto il tegame.
Passati 30 minuti aggiungi l'aglio e il prezzemolo tritato e fai cuocere ancora per un quarto d'ora fino a che il sugo sia ben denso e di un bel colore scuro.
Servi nel recipiente di cottura. Se vuoi puoi usare questo sugo per condire la pasta, naturalmente vermicelli.
PER SAPERNE DI PIU' DI ELSA MORANTE, DELLA SUA VITA, DEI SUOI GUSTI E DISGUSTI, DEI SUOI SAPORI: "La Scrittrice Cucinava qui" Stefania Aphel Barzini- Feltrinelli Gribaudo Editore.
lunedì 10 marzo 2014
giovedì 6 marzo 2014
Anche l'occhio vuole la sua parte
http://www.pagina99.it/news/societa/4350/Getty--da-oggi-fotografie-gratis.html
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