domenica 30 marzo 2014

"Nel piatto vuoto del commissario, che aveva finito con gusto il suo filetto al pepe, coltello e forchetta erano posati bene: uno accanto all'altro e perpendicolari al bordo della tavola, ma senza quello scrupolo di esattezza assoluta che tradiva sempre un impaccio segreto. Anna Carla, raccogliendo di sfuggita anche questo particolare, si accorse di provare un senso, in parole povere, di sollievo. Perché anche l'uomo più bello, più santo, più coraggioso, più intelligente del mondo, una poteva magari andarci a letto, o tirar fuori 175 milioni per comprare un suo quadro, o farsi ammazzare sulle barricate gridando il suo nome; ma se non sapeva stare a tavola, se appoggiava le posate ai lati del piatto come i remi in una barca, per esempio, beh, c'era poco da fare, lei non sarebbe mai stata capace di vederlo sul serio come un suo simile. Erano questi i veri pregiudizi di classe. Distribuire il latifondo tra i braccianti affamati - pensò generosamente - regalare l'argenteria ai lebbrosi, gettare bottiglie molotov contro la Rolls Royce di un cugino biellese, era ben più facile che liberarsi di queste piccolezze formali, dure e insolubili come calcoli renali. E se i rivoluzionari non fossero stati sempre quei semplicioni che erano, ne avrebbero tenuto conto, nei loro processi sommari. "Non impugnava il cucchiaio come una vanga: ventisette anni in Siberia." "Non tagliava l'omelette col coltello: fucilato." "Non beveva il caffè col mignolo alzato: impiccato." Lei non avrebbe avuto niente da obiettare, a delle sentenze del genere." La donna della domenica, Fruttero & Lucentini

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