sabato 20 dicembre 2014
martedì 9 dicembre 2014
Ai confini del mondo
http://d.repubblica.it/cucina/2014/12/09/news/isole_faroe_viaggi_food_mete_natura-2403863/?ref=fblk
lunedì 8 dicembre 2014
sabato 6 dicembre 2014
Che cosa mangiavano i tiranni?
http://www.bbc.co.uk/mundo/noticias/2014/12/141204_dictadores_comida_finde_dv
"Le donne emancipate mangiano come gli uomini..." Manuel Vàzquez Montalbàn
"Le donne emancipate mangiano come gli uomini: tanto e senza pregiudizi. Le donne non emancipate mangiano dissimulando, come se il mangiare non fosse “femminile”, o come non meritassero di mangiare tanto come un uomo"
Manuel Vàzquez Montalbàn
lunedì 1 dicembre 2014
sabato 15 novembre 2014
"Davanti al peperoncino...". Giorgio Manganelli
"Davanti al peperoncino l'ansia si ritira come i vampiri davanti all'aglio".
Giorgio Manganelli, "La penombra mentale".
lunedì 10 novembre 2014
Slurp ?!
http://video.d.repubblica.it/cucina/maialino-alle-larve-e-risotto-alle-vespe-a-milano-la-cena-gourmet-e-con-gli-insetti/1871/1883?ref=vd-auto
domenica 9 novembre 2014
lunedì 3 novembre 2014
venerdì 31 ottobre 2014
domenica 26 ottobre 2014
Il tortino di mozzarella
Nel 1931 esce a Milano, per l’editoriale Domus, un ricettario dallo strano nome Il Quattrova illustrato. Illustrato da chi? Nientemeno che da Giò Ponti e Tomaso Buzzi. È in controtendenza, rispetto alla cucina autarchica, per il suo gusto aperto all’Europa, rispetto alla Cucina futurista, costituendo in sé e per sé una avanguardia. Non ha nome d’autore, ma dietro c’è Emma Vanzetti che nel 1936 replicherà firmando il Doppio quattrova. Di particolare interesse sono le sue Novità ispirate al motto: “Tenete allegra la vostra famiglia escogitando piatti fantasiosi”: brodo di cocco, minestra di noci, mele curry e uova, uova all’arancia, bistecche crude, spinaci spagnoli, insalata di grape fruit (il pompelmo cominciava appena la sua penetrazione nel mercato europeo e in Italia non aveva nome). Niente cucina di finta tradizione o ricopiature francesi, con Il quattrova illustrato si respira un’aria nuova, in una casa editrice che nel 1950, con Il cucchiaio d’argento guiderà la cucina in Italia.
Abbiamo scelto il tortino di mozzarella per le sue virtù, semplicità e uova sbattute, e per i suoi vizi, una preparazione, all’uscita del forno, elegante e di maniera. La mozzarella, a Milano, nel 1931 era tutt’altro che un prodotto banale.
Il tortino di mozzarella
Mettete alcune fette di pane carré a inzuppare nel latte e fatene poi uno strato in un tegame di porcellana; fate allora un secondo strato di fette di mozzarella e versateci sopra delle uova sbattute col sale pepe e noce moscata. Coprite ancora con fette di pane inzuppate e mettete tutto nel forno per un quarto d’ora circa. Il quattrova illustrato del 1931 fu ristampato in edizione anastatica, con diverso formato, nel 1978.
Alberto Capatti
venerdì 24 ottobre 2014
martedì 26 agosto 2014
Storia della cucina.
"Il ricorso alle bacchette svuota di significato i principali tabù gastronomici occidentali, perlopiù legati al controllo della potenziale pericolosità del coltello. Il critico francese Roland Barthes pensa che i simboli siano ovunque, soprattutto a tavola, e sostiene che le bacchette siano l’esatto contrario del coltello. Impugnare un coltello, dichiara, ci spinge a trattare il cibo come una preda: sediamo a tavola pronti a «tagliare, trafiggere, mutilare». Le bacchette, invece, hanno un che di «materno». In mani esperte, toccano il cibo delicatamente, come un bambino". (Bee Wilson, "In punta di forchetta", Rizzoli)
venerdì 22 agosto 2014
"Assaggiavo i pasti di Hitler e vi dico che era vegetariano"
"Ogni volta avevo il terrore di rimanere avvelenata". Carne e pesce erano banditi lui venerava gli animali
Mangiava verso l'una Hitler, solo verdura e frutta, in base ad uno stretto regime vegetariano. Delicatezze introvabili in tempi di guerra. Asparagi e piselli tenerissimi, peperoni dolci accompagnati da riso e insalate. A descrivere nel dettaglio i pasti del dittatore nazista è Margot Woelk, l'unica assaggiatrice ufficiale del Kaiser rimasta in vita. A novantacinque anni, questa signora ancora capace di sfoggiare un trucco marcato e un caschetto di capelli color argento, ha consegnato per la prima volta ai giornali britannici le memorie dei due anni della sua vita trascorsi a seguito del Führer, della sua amante Eva Braun e dei suoi più stretti collaboratori. Margot faceva parte di una vera e propria «squadra», il cui unico compito consisteva nell'assaggiare il cibo destinato alla tavola hitleriana in modo da sventare eventuali tentativi di avvelenamento. Dopo l'evacuazione di Berlino, la signora fu portata dalle SS nel quartier generale hitleriano sul fronte occidentale, nell'attuale villaggio polacco di Parcz. A quel tempo suo marito era al fronte e Margot avrebbe dovuto vivere con la sua suocera, invece si ritrovò a far da scudo ad Hitler. Un incarico che ricorda come fosse ieri e che sembra suscitare ancora sentimenti contrastanti. Il terrore di morire, la sorpresa per quella dieta da cui ogni genere di carne animale era bandita, forse l'inconfessabile attesa di un pasto decente. «Eravamo tutti spaventati- ha raccontato al Times - se quel cibo fosse stato avvelenato non sarei qui oggi. Eravamo costretti a mangiarlo, non ci era stata data una scelta». I pasti venivano assaggiati tra le 11 e le 12, poi venivano serviti soltanto dopo un'ora in modo da essere certi che nessun veleno vi fosse stato aggiunto. Margot doveva essere disponibile ogni giorno, ma veniva chiamata soltanto quando arrivava il treno personale di Hitler. Così, mentre milioni di ebrei venivano massacrati nei campi di concentramento di mezza Europa, Hitler si nutriva d'insalata per risparmiare la sofferenza ad ogni genere animale. La signora Woelk non ricorda infatti di aver mai toccato alcun tipo di carne o di pesce. Il trattamento di favore riservato alle bestie rispetto agli esseri umani emerge più di una volta come parte integrante della lucida schizofrenia nazista. Basti pensare che nel 1933, quando il partito nazista salì al potere, in Germania vennero promulgate diverse leggi per la protezione degli animali, alcune delle quali rimangono vigenti ancora oggi come viene raccontato dalla rivista Psichology Today. «Chi maltrattava un cucciolo poteva venir condannato a due anni di prigione - si legge in un articolo del 2011 - e sempre i nazisti misero al bando la produzione di foie gras e proibirono il taglio senza anestesia delle orecchie e della coda dei cani. Allo stesso tempo anche le ricerche scientifiche sugli animali troppo invasive vennero limitate al minimo necessario». Un protezionismo capace di spingersi a livelli ossessivi soprattutto se rapportato allo sterminio di sei milione di ebrei. Mentre i loro padroni venivano trasportati ai campi di sterminio, sui cani degli ebrei si praticava l'eutanasia dolce, per ucciderli senza che soffrissero. Margot Woelk riuscì a salvarsi nel 1944, grazie all'aiuto di un ufficiale tedesco e scappò a Berlino nascosta a bordo del treno di Joseph Goebbels dopo che Hitler aveva già abbandonato il quartiere generale.
Erica Orsini - 15/02/2013
lunedì 21 luglio 2014
martedì 1 luglio 2014
“Il pane a New York non è più il pane del vangelo, il corpo del Signore, l’odore fresco del pane, la prima offerta all’ospite: è un prodotto che si tiene in frigorifero e contiene: lievito, vitamina D, pura farina di grano, nitrato di sodio, calcio, acqua e materie antideperibili come il carbonidrato di calcio”
Ennio Flaiano, Diario degli errori
domenica 29 giugno 2014
Bukowski e un toast al formaggio
[sono qui seduta da un pezzo, una birra e un panino al tonno, davanti a me un amico, un tipo normale anche se parla correttamente diverse lingue, compreso il russo e il cinese, dipinge, scrive poesie. adesso sta sbocconcellando un tost al formaggio, nel bicchiere acqua "naturale"; lui ordina sempre quel che costa meno, ha una specie di sesto senso, non sbaglia mai. “mi sono pubblicato un libro” dice ed io annuisco “voglio fare una presentazione, che ne dici di un reading di poesia?” mi viene da ridere. “lo sai cosa ne pensava Bukowski dei reading di poesia?” lui zitto “che sono tristi mi pare ne abbia fatto una poesia dove dice meglio un idraulico ubriaco al bowling”. “non mi piace Bukowski, era uno sozzone!” io zitta, intanto penso: che ne sai tu di Bukowski, brutto tirchio annacquato e noioso, ora mi alzo e me ne vado, ti lascio il conto da pagare!]
***
c’è un tale in Olanda che mi spedisce fotografie di Céline e scatole di sigari fantastici be’ lo ammetto me li godo entrambi i sigari s’accoppiano bene col mio vino rosso e non mi stanco mai di Céline, letto o visto in foto: ha una gran bella faccia questo Louis Ferdinand Destouches (ci sono certi famosi scrittori contemporanei le cui facce somigliano all’interno di una padella e a scrivere fanno lo stesso effetto) mi piacciono le mie notti con le foto di Céline, la musica classica, i sigari, il vino rosso e il computer Céline mi sorveglia mentre bevo, scrivo, ascolto musica e fumo sigari; insieme ce la spassiamo mentre il resto della gente gioca a bowling, dorme, guarda la tivù, discute, scopa, mangia, fa un mucchio di stupidaggini e via dicendo e adesso qui le parole volano come passeri impazziti in una tempesta, Shostakovic mugghia dalla radio mentre il fumo del sigaro piroetta a sinistra e fuori dalla porta nella notte oscura come vino rosso. ti saluto Céline…Céline…figlio di un cane…noi sopportiamo il peso del tempo…ma ne ridiamo…qualche volta. qui in mezzo alle tue foto persino la più bieca fortuna ha qualcosa di buono.
Charles Bukowski
"L'unica ricetta per far bene è il lavoro. Appassionarsi al lavoro, quello vero. Non quello finto, quello delle chiacchiere, quello che si fa davanti alle persone. Quando ti piace davvero anche il lavoro solitario, quello pesante, umile, che fai con la porta chiusa, con te stesso, la fatica".
Alain Ducasse
domenica 25 maggio 2014
sabato 17 maggio 2014
sabato 3 maggio 2014
mercoledì 23 aprile 2014
domenica 30 marzo 2014
"Nel piatto vuoto del commissario, che aveva finito con gusto il suo filetto al pepe, coltello e forchetta erano posati bene: uno accanto all'altro e perpendicolari al bordo della tavola, ma senza quello scrupolo di esattezza assoluta che tradiva sempre un impaccio segreto. Anna Carla, raccogliendo di sfuggita anche questo particolare, si accorse di provare un senso, in parole povere, di sollievo. Perché anche l'uomo più bello, più santo, più coraggioso, più intelligente del mondo, una poteva magari andarci a letto, o tirar fuori 175 milioni per comprare un suo quadro, o farsi ammazzare sulle barricate gridando il suo nome; ma se non sapeva stare a tavola, se appoggiava le posate ai lati del piatto come i remi in una barca, per esempio, beh, c'era poco da fare, lei non sarebbe mai stata capace di vederlo sul serio come un suo simile. Erano questi i veri pregiudizi di classe. Distribuire il latifondo tra i braccianti affamati - pensò generosamente - regalare l'argenteria ai lebbrosi, gettare bottiglie molotov contro la Rolls Royce di un cugino biellese, era ben più facile che liberarsi di queste piccolezze formali, dure e insolubili come calcoli renali. E se i rivoluzionari non fossero stati sempre quei semplicioni che erano, ne avrebbero tenuto conto, nei loro processi sommari. "Non impugnava il cucchiaio come una vanga: ventisette anni in Siberia." "Non tagliava l'omelette col coltello: fucilato." "Non beveva il caffè col mignolo alzato: impiccato." Lei non avrebbe avuto niente da obiettare, a delle sentenze del genere."
La donna della domenica, Fruttero & Lucentini
«Forse gioveranno agli inglesi lo stoccafisso,il roast-beef e il budino, agli olandesi la carne cotta col formaggio, ai tedeschi il sauer-kraut, il lardone affumicato e il cotechino; ma agli italiani la pastasciutta non giova. Per esempio, contrasta collo spirito vivace e coll’anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani. Questi sono stati combattenti eroici, artisti ispirati, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci a dispetto della voluminosa pastasciutta quotidiana. Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo».
Dopo poesia pittura e sintassi, F. T. Marinetti si avventa contro la gastronomia, nella convinzione che «si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia» e consiglia di sostituire all’alimentazione tradizionale pasticche, surrogati sintetici, composti chimici: «il nutrimento adatto a una vita sempre più aerea e veloce». Ne viene fuori La cucina futurista, libro che di questi tempi sembrerebbe risolutivo, ristampato per l’ultima volta nel ’98 dopo l’iniziale uscita nel ’32, e ad oggi introvabile. Il manifesto introduttivo è leggibile qui. Brain Pickings ha appena recensito la sua traduzione in inglese.
(Fabrizio Maria Spinelli)
venerdì 28 marzo 2014
Bellissimo cameriere
“Bellissimo cameriere tu sei il re d’Italia tu che pazientisci e corri per le camomille”.
Amelia Rosselli, Prime Prose Italiane
domenica 23 marzo 2014
"Che cozza!"
"Ti apro in due come una cozza!" oppure "Che cozza!": chissà per quale ragione l'umile mitilo si declina, umanizzandolo, ad un infimo grado. Forse perchè costa poco, si trova sempre e bello non è? Ma sono belle le vongole, le ostriche, le patelle, i paguri? Fatto sta che i muscoli o i peoci, come vengono anche chiamati, sono i più saporiti tra i frutti di mare: Ogni tanto, in vena di roulette russa, davanti alle capienti grottaglie d'un cozzicaro pugliese me le faccio crude, spesso nella sua autoctona versione pelosa, rischiando indecenti contaminazioni. Gli spaghetti cozze e vongole, sono poi i più completi e affidabili: il brunito bivalve assicura forza e venature iodate alle sempre troppo gentili vongole allevate nell'Adriatico. Fra i costanti accorgimenti, ricordarsi di sfiammare sempre i gusci, bagnati nel soffritto aglio e olio, col vino bianco. Solo così, come scrive Nicola Lagioia-in un suo bel racconto dedicato a questo classico piatto-nell'alcool che svapora contro i "cocci", si arriverà al cuore dell'enigma: il primordiale eco calcareo".
Sapo Matteucci, da "La Repubblica", Sabato 22 Marzo 2014
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBNSqZ8XqZ9dJPTdbToKejwtMfXYGmmiu___iDi_EzG37Vkvrel3bU_1cIq494sCXG-WnyfOdGtvbSqa3c20RL3nlDc03-su8b5mBhh9ggHwgZVk5_E8zWBD-yrV2S5XoRiPzvmDH0ynlM/s640/cozza8.jpg)
venerdì 21 marzo 2014
Vini e cibi sono come noi, uomini e donne, amici miei: quasi mai monogami (anche questa, una malattia da cui si può guarire), si va ben oltre e con piacere oltre il privilegio.
Resta il fatto che il vino va bevuto non solo in sé e per sé, onde averne gioia, anche per migliorare le capacità, il senso di libertà.
Luigi Veronelli
Elsa Morante non era donna che cucinasse. Però era donna che amava mangiare e i suoi erano gusti semplici. Più di tutti adorava il pesce, la carne poca, solo qualche pollo, " perchè il pollo è animale così stupido da desiderare di essere ammazzato" sosteneva. Tre erano le cose della vita che Elsa amava più di tutte, le "tre emme", Mozart, il mare e il gelato al mandarino. Il mare, anche se lei non sapeva nuotare, dirà sempre che dovrebbe chiamarsi “la mare” perché é femmina, così come invece il sole é maschio. “La mare” dunque che circonda le sue isole preferite, Capri, Ponza e soprattutto Procida dove trascorre l’estate del 1952 e dove comincia a scrivere L’Isola di Arturo. Quella di Procida diventerà un’abitudine, ci andrà spesso d’estate affittando case accanto alle quali crescono rigogliosi i limoni e mandarini sempre presenti nella sua vita. Oppure alloggerà in alberghi. Ugo Armonia, uno dei camerieri dell’hotel Eldorado, la ricorda scrivere e mangiare vicino alla vasca dei pesci, o al tramonto quando si siede in fondo al viale ad ammirare il paesaggio. Una bella donna, sempre gentile, che lo accoglie con il sorriso sulle labbra, qualsiasi cosa lui gli serva, che si tratti di zuppa di pesce o di polipetti affogati. Una donna di grande grazia. Mozart poi l'accompagnerà sempre tanto che chiederà che al suo funerale vengano eseguiti i tre geni del Flauto Magico. E i mandarini saranno sempre presenti, nelle sue terrazze, in dono all'amico Tonino Ricchezza che li pianterà nella sua casa a Napoli, città che la scrittrice ama moltissimo, e di nuovo alla sua morte quando Carlo Cecchi, il regista teatrale. amico fidato di una vita, rimpiazzerà le rose fornite dalle pompe funebri con piantine di mandarino, margherite e fiori selvatici. E sempre di limoni e mandarini saranno le tre corone inviate dalla casa editrice Einaudi.
Eccovi dunque le due ricette di Elsa:
GELATO AL MANDARINO
Ingredienti per 6 persone:
6 mandarini
300 cc. di acqua
180 gr. di zucchero
100 g di panna liquida
La buccia di mandarino finemente grattugiata
Un pizzico di sale.
Lava i mandarini in acqua calda e asciugali bene. Taglia il cappello del frutto dalla parte del picciolo, estrai con cura la polpa senza rompere le scorze e mettila da parte.
Stempera a parte lo zucchero quindi uniscilo all'acqua e porta ad ebollizione.
Nel frattempo passa la polpa dei mandarini in un setaccio e raccogli il succo. Togli dal fuoco lo sciroppo e unisci il succo di mandarino, la buccia finemente grattugiata e il pizzico di sale. Quindi lascia raffreddare. Lavora la panna con un piccolo quantitativo di zucchero per evitare la formazione di grumi, quindi uniscila al composto. Introduci tutto nel contenitore della gelatiera.
In circa 20-30 minuti sarà pronto un gelato squisito. Ora riempi le scorze dei mandarini con il gelato e servi.
POLIPETTI AFFOGATI
I purpetielli affogati sono un piatto tipico della cucina napoletana, una volta, per le strade dei rioni della città, giravano i venditori di brodo di polpo. Il segreto di questi deliziosi polipetti affogati, ce lo svela un antico detto napoletano : ‘o purpo se coce dint'all'acqua soja”, non bisogna aggiungere acqua dunque perché é lui stesso a cedere i suoi liquidi che lo insaporiscono durante la cottura
Sono molti gli scrittori affascinati da queste bestioline. Giuseppe Marotta, in un suo libro, chiama il polpo il chewingum dei poveri perché essendo un po’ coriaceo si mastica a lungo. Ai giorni nostri ci pensa Camilleri a far gustare a Salvo Montalbano, il commissario più famoso d’Italia i saporitissimi purpetielli affugati.
Ingredienti per 4 persone:
1 spicchio d’aglio
8 polipetti da 100 gr. l'uno
7 cucchiai d’olio
400 gr. di pomodori pelati
Abbondante prezzemolo tritato
Peperoncino, secondo i gusti
Sale e pepe
Per prima cosa ricorda che i veri polipetti veraci sono quelli con due file di ventose parallele sui tentacoli che hanno la sacca maculata di marrone con sfumature rosate e, soprattutto, che non devono pesare più di 100 grammi. Pulisci i polipetti rovesciando la sacca, svuotandola e levando gli occhi e il becco.
Lavali per bene e mettili in un tegame con i pomodori, l'olio, il sale e il pepe. Copri il tegame con un foglio di carta stagnola e mettici sopra il coperchio.
Cuoci a fuoco basso per circa 30 minuti senza mai togliere il coperchio ma scuotendo di tanto in tanto il tegame.
Passati 30 minuti aggiungi l'aglio e il prezzemolo tritato e fai cuocere ancora per un quarto d'ora fino a che il sugo sia ben denso e di un bel colore scuro.
Servi nel recipiente di cottura. Se vuoi puoi usare questo sugo per condire la pasta, naturalmente vermicelli.
PER SAPERNE DI PIU' DI ELSA MORANTE, DELLA SUA VITA, DEI SUOI GUSTI E DISGUSTI, DEI SUOI SAPORI: "La Scrittrice Cucinava qui" Stefania Aphel Barzini- Feltrinelli Gribaudo Editore.
lunedì 10 marzo 2014
giovedì 6 marzo 2014
Anche l'occhio vuole la sua parte
http://www.pagina99.it/news/societa/4350/Getty--da-oggi-fotografie-gratis.html
http://www.pagina99.it/news/societa/4350/Getty--da-oggi-fotografie-gratis.html
lunedì 3 marzo 2014
lunedì 3 febbraio 2014
«Dobbiamo mangiare per necessità, ma se ci riflettete bene la cucina è un enorme salto della nostra immaginazione. Pensare che da una spiga possa venire il pane è un grande atto creativo. Il cibo è così sofisticato, pieno di cultura, legato insieme alle nostre necessità di sopravvivenza quotidiana e alla nostra aspirazione alla gioia. Non potevo lasciarlo fuori dal mio libro...».
Paul Auster
Paul Auster
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